libro sulla pallacanestro
Ciao a tutti e benvenuti a questa nuovissima intervista di Bookness.
È veramente un grandissimo piacere avere dall’altra parte Antonio Tresca autore del libro. Gli ultimi 10 secondi.
Un libro veramente intrigante con un incipit che ho adorato, un incipit sulla pallacanestro; ma Antonio raccontaci chi sei e di che cosa ti occupi.
Ciao Emanuele.
Chi sono è una domanda a cui ogni essere umano vuole rispondere. Posso dirti che ho 61 anni e vivo a Vicenza dove svolgo la mia professione.
Hai parlato di pallacanestro poiché per tantissimi anni ho fatto l’allenatore professionista in ambito femminile. Ed è per questo che la pallacanestro, il basket, è rimasto nel mio cuore tanto che, in qualche modo, fa parte di questa mia opera narrativa, dove ho voluto inserire una parte della mia storia.
Ho tantissimi interessi, questo si! A 61 anni mi occupo ancora di conoscere il mondo, perché mi piace tantissimo viaggiare e soprattutto di tutto ciò che è arte: dalla musica, alla lettura, alla pittura, alla fotografia.
Sono appassionato in particolar modo di lettura e arte cinematografica. Tutto ciò che è arte fa parte del mio mondo, delle mie passioni; di questo mi occupo nel mio tempo libero e negli spazi che il mio lavoro mi lascia.
Torniamo un attimo ai 10 secondi ed alla pallacanestro.
Una partita di pallacanestro, dal mio punto di vista, è come fosse un’opera d’arte: ogni partita è diversa dall’altra, ogni partita è una commistione di emozioni, energie, coincidenze, situazioni completamente diverse le une dalle altre.
Nel tuo caso, il titolo del libro è potentissimo se associato proprio ad una partita di pallacanestro, perché a volte, in 40 minuti di scontro cestistico, non si raggiunge mai una conclusione e tutto si gioca negli ultimi 10 secondi come riporta appunto il titolo del tuo romanzo.
Che cosa accade quindi negli ultimi 10 secondi alla fine di una partita di pallacanestro?
Gli ultimi 10 secondi di quella partita sono un po’ una metafora della vita.
Come dicevi, ogni partita ha una storia a sé stante e ogni partita è imprevedibile e questo è ciò che accade nella vita di ogni essere umano. La vita è imprevedibile sia a livello collettivo, che individuale e in 10 secondi, che possono sembrare un tempo assolutamente infinitesimale, può accadere di tutto di più.
Il basket mi ha insegnato questo. 10 secondi possono essere un tempo così lungo, così eterno, da non finire mai e in quei 10 secondi la vita ti può cambiare. Ed è un po’ quello che accade nel romanzo: 10 secondi, che sembrano parlare di basket, che sembrano parlare di sport, in realtà raccontano molto altro. In quei 10 secondi si intersecano più storie che sembrano non avere nessun senso, nessun collegamento fra loro.
In realtà non è così; alla fine della prima parte del romanzo, attraverso un colpo di scena, si scopre che queste storie, che sembravano assolutamente non divergenti, trovano un loro collegamento, un loro senso. Tutto assume un significato e tutto questo in quei famosi ultimi 10 secondi.
Quindi il basket, lo sport in genere, assume il senso di metafora della vita.
Il tuo romanzo è strutturato, da un punto di vista narrativo, in maniera molto intrigante.
Ci sono tre personaggi: Roberto, è un campione di pallacanestro che si sta giocando la partita.
In questi ultimi 10 benedetti secondi; Simona, che sta guardando la partita in televisione; Gaia, che torna a casa dall’allenamento, immersa nella bellezza di quello che la sua giovane vita le sta donando.
Ci sono, dunque, tre situazioni mentali completamente diverse che viaggiano su un fil rouge molto accattivante e ad un certo punto che cosa succede, puoi svelarci qualcosa senza darci il finale?
Come sei riuscito, anche tecnicamente come scrittore, ad unire queste tre fasi temporali così distinte dandogli quel senso così uniforme ed organico che si percepisce dal tuo libro?
Quello che posso dirti è che non posso svelarti nulla, toglierebbe proprio il senso alla lettura. In realtà questo libro nasce tanti anni fa, in un periodo in cui mi era venuta voglia di scrivere dei racconti.
Ogni sera tornavo a casa e, dalle 22 di sera alle 2 di mattina, scrivevo, scrivevo racconti in maniera ininterrotta senza avere una storia da raccontare, senza sapere che cosa avrei scritto. Lo scheletro di questo romanzo nasce proprio da uno di quei racconti. Non sapevo dove sarei andato a parare mentre scrivevo e questo colpo di scena finale, che adesso non è più un finale, è diventato il romanzo stesso.
Questo colpo di scena, mette insieme tutte le tre fasi narrative di cui hai parlato. Non è stato programmato, premeditato, è stata un’intuizione del momento, è stato qualcosa che la macchina da scrivere, un computer, ha tirato fuori un po’ da sola, mentre le dita se ne andavano per conto loro, senza che ci fosse una pianificazione e nessuna struttura narrativa in corso. Lì mi sono divertito!
Mi è piaciuto così tanto, a me autore, che mi sono divertito a farlo leggere in giro e tutti quanti, tutte le persone che lo hanno letto all’epoca, mi hanno dato un parere assolutamente favorevole; mi hanno spinto in qualche modo ad andare oltre. Così è nato questo racconto che poi si è trasformato in romanzo.
Ciò che proprio mi piace sottolineare è che, molto spesso gli scrittori si fanno una scaletta di quello che potrà essere un romanzo. Sinceramente io ho scritto senza sapere che cosa avrei narrato.
Il libro non è rivolto soltanto agli appassionati di pallacanestro, ma a tutti.
A tutte le persone che vogliono trovare, con un romanzo appassionante, una chiave di miglioramento personale, con la metafora della pallacanestro che fa da sottofondo a tutta la storia.
Ora io so che ti occupi anche di kinesiologia, il tuo sito kinesiologiaemozionale.com (qui sotto il link) tratta esattamente questa materia.
Puoi dirci qualcosa in più per gli ignoranti come me?
Dopo il basket la mia grande passione sono gli esseri umani. Quando ho terminato il liceo volevo iscrivermi a psicologia, solo che tantissimi anni fa la psicologia era la materia dei “matti”, passami la battuta, quando invece invece oggi c’è uno psicologo ad ogni angolo di strada. Questa passione dentro di me è rimasta ed evidentemente in qualche modo trovare uno sfogo.
Tanti anni fa, nel 1989, grazie al basket, ho conosciuto per la prima volta le tecniche di visualizzazione mentale. Il direttore sportivo della squadra nella quale allenavo, portava avanti queste tecniche all’interno del gruppo, all’interno della squadra. Lo faceva per cercare di migliorare la prestazione collettiva, individuale, ma anche dello staff tecnico, che durante la partita doveva essere concentrato, focalizzato, gestendo le proprie emozioni.
All’epoca ho imparato qualcosa che non rientrava assolutamente nelle mie conoscenze e nelle mie abitudini. Quello che sembrava essere un insegnamento che doveva portare a un miglioramento delle mie performance come allenatore in realtà, mi sono reso conto dopo un po’ di mesi che lo praticavo, mi stava migliorando come essere umano. Per me questa è stata una scoperta incredibile, una scoperta che ha lasciato un segno; non è stato più un discorso legato al basket, ma ho iniziato ad interessarmi di che cosa significasse avere una mente che funziona.
Scusa il gioco di parole, che funziona in funzione dei miei obiettivi, una mente che lavora in funzione del mio benessere, una mente che lavora per cercare non di boicottarmi, ma per cercare di migliorare la qualità della mia vita. Quello che sembrava essere un discorso professionale è diventato nel corso del tempo una grande ricerca filosofica, una grande ricerca di vita, una ricerca legata proprio alla mia crescita personale e che quando ho interrotto la professione di allenatore ho continuato a portare avanti.
La fatalità della vita, se vuoi chiamarla fatalità, è che una mia ex giocatrice che allora, nel 1984 quando allenavo ad Avellino, aveva 12 anni nel corso del tempo si è tramutata da allieva in mia insegnante. È stata lei a farmi conoscere la kinesiologia emozionale, che poi è diventata per me come una compagna, una sposa, è stato un colpo di fulmine che ha trasformato, ha contribuito a trasformare la mia vita definitivamente dal punto di vista professionale.
Oggi sono un professionista della relazione di aiuto. Nelle sedute individuale attraverso la kinesiologia emozionale, ma anche insieme ad altre tecniche importanti che ho acquisito, cerco, faccio il possibile per aiutare le persone a risolvere i disagi emozionali che si trovano ad affrontare, a vivere.
Nel frattempo ho anche aperto, ormai da una decina di anni, una scuola di formazione per tutti coloro che desiderano intraprendere questa professione, questa carriera, cioè dedicarsi proprio alla professione della relazione di aiuto, mettersi a disposizione degli altri attraverso una disciplina che è quella della kinesiologia. È una delle discipline olistiche più conosciute e anche, posso dire, fra le più efficaci in assoluto.
Lavorare nel campo emozionale significa che attraverso la kinesiologia andiamo ad indagare in quelle che sono le origini di un disagio che una persona o un adulto può vivere.
Qualunque forma di disagio ha una sua origine nel tempo e attraverso le tecniche kinesiologiche, facciamo un punto per andare a sciogliere, ad elaborare questa origine, questo “piccolo trauma” iniziale che, nella vita di adulti, ci fa vivere situazioni di difficoltà.
Chiarissimo.
Com’è stata la tua esperienza con il SelfPublishingVincente Antonio?
È stata un’esperienza interessante ed efficace e, anche se questo potrebbe sembrare in qualche modo un plauso a chi mi sta intervistando, efficace proprio perché Self Publishing mantiene ciò che promette e questa non è una cosa da nulla.
Ti faccio i miei complimenti, le mie congratulazioni perché al giorno d’oggi, in campo professionale, non è facile trovare qualcuno che mantiene realmente ciò che promette.
Non crei illusioni e questo credo che sia un tuo vanto; nel non creare illusioni dai una struttura, un’idea molto precisa di cosa deve fare un autore in fase di pubblicazione del suo libro e questo, secondo me, è molto interessante perché costringi le persone ad uscire fuori dal classico schema conosciuto, ovvero quello della editoria che prevede casa editrice libreria. Tu induci lo scrittore ad aprire questo spazio, ad aprire questa credenza, a pensare che ci possa essere qualcosa di più, di diverso, che non solo proponi, ma che in modo molto efficace permetti la realizzazione di questo nuovo paradigma.
Quello che ritengo ancora più interessante, che aderisce completamente alla mia filosofia, a quello che insegno nel percorso di formazione di cui vi ho parlato prima, è che le persone all’interno della tua proposta diventano co-creatori della propria realtà.
Mentre nel rapporto casa editrice libreria autore c’è un’ affidarsi, c’è, in qualche modo, un delegare la responsabilità della vendita ad altri, nella proposta di Self Publishing lo scrittore diventa non solo protagonista di ciò che ha scritto ma anche il possibile protagonista del successo finale. Una filosofia che sposo in pieno!
Grazie Antonio! Grazie veramente; è lusinghiero il tuo parere, grazie di cuore.
Ricapitolando: operatore olistico, scrittore, ex allenatore di basket, artista e tanto altro! Qual è stata la reazione delle persone intorno a te quando hai pubblicato il libro?
Essendo così poliedrico, avranno visto questa tua nuova specializzazione come qualcosa di probabilmente ancillare e forse, a livello di vendite, potrebbe essere un limite?
Ovvero, facendo tante cose, ad un certo punto hai deciso di proporre il tuo romanzo, qual’è stato quindi, da un punto di vista delle vendite, il riscontro subito dopo la pubblicazione nella tua situazione così speciale?
Devo dirti che, in questo momento, sono maledettamente soddisfatto e questo è dovuto agli sforzi che ho fatto in prima persona, coinvolgendo ovviamente le centinaia di persone che ho avuto modo di conoscere nella mia intensa vita.
Al di là delle vendite, che lasciano il tempo che trovano, indubbiamente gratificanti, in 20 giorni ho venduto circa un’ottantina di copie, la cosa più bella in assoluto è che, questo libro, mi sta offrendo la possibilità di contattare persone che sono nel mio cuore, che appartengono alla mia vita, che appartengono alla mia storia, che non si sono mai dimenticate di me e che, grazie appunto a questo libro, stanno ricollegandosi, riconnettendosi al sottoscritto e a volte anche in maniera sorprendentemente forte.
Io stesso a volte resto stupito della bellezza di questi nuovi incontri con persone che sono già appartenenti al percorso della mia vita e non c’è vendita che tenga.
Questa è la parte in assoluto più gratificante è più bella di questi ultimi 20 giorni.
Bellissimo!
Ti ho lasciato una recensione sulla tua pagina Amazon perché sono appassionato di romanzi di pallacanestro e quando ho visto il tuo libro non ho potuto trattenermi dalla lettura.
Quali sono i siti dove trovarti?
Grazie! A parte i classici social, Facebook e Instagram, il sito personale è quello che ho
nominato prima: www.kinesiologiaemozionale.com, dove c’è tutta la mia attività, compresa
quella di scrittore.
Benissimo Antonio!
È stato un grandissimo piacere. Magari ci incontreremo presto, forse su qualche campo di pallacanestro.
Questo è poco probabile, però quando questa storia del Covid finirà, sarà un piacere per me incontrarti e poterti abbracciare.
Fantastico!
Sarà un piacere anche per me abbracciarti. Ti mando intanto un abbraccio virtuale.
Ciao Antonio e grazie!