Scrivere un libro strategico per diventare autorevole è oggi una delle mosse più intelligenti per ogni professionista, imprenditore o formatore. In questo intervento TEDx, Emanuele Properzi ci accompagna in un viaggio profondo sul potere delle parole e su come trasformarle in un asset che genera reputazione, fiducia e posizionamento.
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📄 Trascrizione completa dello speech TEDx “La forza elastica delle parole”
Immaginate che le parole che pronunciate ogni giorno — le parole che pubblicate sui social, sul web — siano come un elastico.
Più parole pronunciate, più parole create, più parole postate… più questo elastico si estende e si allunga.
E se si estende troppo, rischia di rompersi.
Quando tendiamo questo elastico, alcune parole sono più incisive di altre: guerra, epidemia, inganno, minaccia.
Parole che, giorno dopo giorno, risuonano nella nostra testa e minano la nostra autostima.
Questo è lo scenario collettivo.
Poi c’è la cerchia più ristretta, quella della nostra famiglia.
E qui, quando utilizziamo parole sbagliate — parole pregne di disprezzo, di mancanza di fiducia, parole inadeguate — sapete cosa succede?
L’elastico inizia a vibrare.
Io sono un ingegnere meccanico, e queste vibrazioni le conosco bene: sono vibrazioni meccaniche, fatte di ansia e di incertezza.
Questo è uno scenario molto negativo.
Ma non dovete preoccuparvi, perché la buona notizia è che le parole non sono mai neutre.
Le parole o sono distruttive e negative, oppure sono costruttive e positive.
E allora, in questo scenario, serve una strategia diversa.
Secondo la mia esperienza personale, questa strategia si basa sull’uso consapevole e strategico delle parole, ma anche su programmatici silenzi.
Io mi chiamo Emanuele Properzi e faccio l’editore.
Utilizzo le parole per scrivere libri.
Tre anni fa, stavo discutendo animatamente con un imprenditore romagnolo.
A un certo punto, lui mi fa:
“Eh, ma gli antichi Egizi…”
“Ma gli antichi Egizi cosa?” gli rispondo.
“Eh no, gli antichi Egizi… Però io ho 1200 dipendenti. Voglio spiegare loro cosa ho fatto nella vita, come l’ho realizzato, perché voglio farlo.”
“Sì, ma… gli antichi Egizi che c’entrano?”
“No, perché tracciando così la mia testimonianza, io posso aiutare gli altri. Perché, perché…”
“Scusa, scusa… ma gli antichi Egizi?”
E lui, serio:
“Ecco perché gli antichi Egizi: loro hanno costruito le piramidi, ma non ci hanno lasciato il manuale che spiega come erigerle. Ecco la grande ingiustizia, Emanuele — mi disse — che stiamo vivendo. Io non voglio che questa cosa accada di nuovo. Non voglio che accada per me.”
Ecco un modo per risalire da questa situazione negativa.
Il modo è prendere le conoscenze laddove realmente ha senso prelevarle: dagli imprenditori, ad esempio, dai professionisti, da persone che ogni giorno sfidano il territorio, l’economia, le persone e, soprattutto, sfidano loro stessi.
In questo percorso, cosa fanno?
Cercano di trovare soluzioni.
E per farlo, attingono da fonti preziose:
- dalla loro esperienza personale,
- dalla loro cultura,
- dalle loro emozioni,
- dal loro intuito,
- e dal cuore.
Questo tipo di raccolta è straordinariamente utile per condividere la conoscenza di noi tutti e per migliorare l’economia del territorio, per elevare la cultura della nostra zona.
La nostra zona?
Io vengo dalle Marche, un posto meraviglioso.
Ma la Basilicata lo è altrettanto.
Questi territori sono uniti da una tradizione orale, tramandata di generazione in generazione, attraverso i racconti da padre a figlio, ma soprattutto da nonna, nonno e nipote.
Quando, qui in Basilicata, le nonne si sedevano con i nipoti e dicevano:
“La terra è bassa.”
Tre, quattro parole… quante sono?
Eppure lì c’è tutto: il chinarsi, il prostrarsi, il dedicarsi completamente all’attività, in modo totale.
Solo così puoi ottenere risultati.
Solo se ci credi. Solo se lo fai.
Potrei parlare mezz’ora di questa cosa, ma “la terra è bassa” te lo dice in un attimo.
“Meglio un marito cattivo che non averlo.”
Ecco il discorso della famiglia, della compagnia, delle relazioni, dell’importanza degli affetti.
Ma in tre parole… me l’ha detto.
“Se tu hai tempo, non attendere altro tempo.”
La conoscete, più o meno.
Un altro aforisma straordinario, che mi spiega quanto sia dannosa la procrastinazione:
“Chi semina vento, poi raccoglie tempesta.”
Se io faccio le cose male, all’inizio, con le persone… poi che succede?
Che pagherò un prezzo enormemente più caro.
Questi insegnamenti, in dieci o quindici parole, sono straordinariamente efficaci.
Sono dei veri e propri corsi di miglioramento personale.
Farli propri, applicarli e renderli eseguibili nella propria vita ci trasforma in versioni migliori di noi stessi.
Anzi: nella versione migliore di noi stessi.
E tutto questo, senza quel caos incredibile, senza quell’immondizia quotidiana che ogni giorno dobbiamo sorbirci dall’online…
Quel bombardamento mediatico assolutamente inutile, effimero e dannoso.
Ecco un esempio concreto di come potremmo utilizzare le parole in maniera efficace.
Capite ora quanto sia importante scegliere parole migliori, parole che ispirano, anziché parole che ci distruggono?
Parole come:
gratitudine, empatia, comprensione, resilienza, speranza, coraggio.
Ma immaginate se tutti noi usassimo queste parole.
Se davvero riempissimo i social, le orecchie e il cuore delle persone che amiamo con queste parole…
Quanto cambierebbe la nostra vita?
Quanto cambierebbe la loro vita?
Quanto cambierebbe la vita di noi tutti?
Ecco allora come potremmo uscire dalla negatività.
Eravamo partiti da un elastico.
Riprendiamolo.
Questo elastico, alla fine, è molto resistente.
Possiamo essere bombardati da mille informazioni, ma obiettivamente… è difficile che si spezzi.
Però succede sempre una cosa:
il soddisfarsi della forza elastica.
Io sono un ingegnere. La forza elastica è data dalla formula:
F = -K × X
Non vi sto a spiegare cosa significhi, ma fondamentalmente:
tanto si estende, quanto poi si ritrae. Torna sempre al punto di origine.
E qual è questo maledetto punto di origine?
Ciò che siamo.
La natura che ci contraddistingue.
La nostra vera essenza.
La nostra unicità.
E allora vi invito a fare una cosa semplicissima:
Prendete una penna.
Scrivete a mano su un foglio di carta bianca le vostre parole.
Fatelo prima di addormentarvi, invece di usare il telefono.
Scrivete, in quel momento, parole di gratitudine, parole che vi aiutano a fare ordine nella giornata appena vissuta.
E al mattino, appena svegli, scrivete a mano ciò che farete.
Quali sono i micro e i macro obiettivi che volete raggiungere in quel giorno?
Succede una cosa straordinaria.
L’energia, dalla mente…
Scende al collo, poi al braccio, all’avambraccio, alla mano…
E scarica.
Scarica questa energia su un foglio di carta.
E quel foglio, nero su bianco, traspone le nostre conoscenze.
Ci lascia una traccia di ciò che siamo, della nostra consapevolezza, di dove vogliamo andare.
E rende tutto più semplice, in mezzo al caos che ci sommerge e che spesso non ci fa respirare.
Perché tutto ciò che accade intorno a noi, tutto ciò che vediamo oggi…
Lo stiamo subendo.
E allora, dobbiamo contrapporci a questa forza che ci schiaccia.
Come?
Con queste micro e macro azioni.
Con l’uso consapevole delle parole.
Con l’impegno quotidiano a diventare versioni migliori di noi stessi.
Un altro aspetto molto interessante è legato alla capacità di ascoltare le parole.
Noi, oggi, siamo costantemente focalizzati su cosa?
Sull’esprimerci.
Sul dirle, queste parole.
Sul scriverle, sul moltiplicarle.
E poi utilizziamo strumenti che, a loro volta, ci consentono di amplificare in maniera assolutamente entropica questo proliferare continuo di parole, lettere, locuzioni, frasi, verbi… oggetti.
Ma dobbiamo invertire questa tendenza.
Occorre cambiare legge, e fare in modo che il tempo che dedichiamo maggiormente non sia all’espressione personale, ma all’ascolto.
Perché ascoltando riusciamo a capire davvero i nostri interlocutori.
Riusciamo a comprendere i loro bisogni.
E di conseguenza, diventiamo più efficaci nella comunicazione, stabiliamo relazioni migliori.
E le relazioni…
Le relazioni sono la forza e il sostegno della nostra essenza.
Ricordiamolo: quando le relazioni vanno male, tutto per noi va male.
E questo capita proprio nei momenti in cui ne abbiamo più bisogno.
Funziona sempre così.
E voi tutti lo sapete.
Quindi, la parola utilizzata in modo consapevole, la parola usata in maniera strategica, torna ad essere centrale.
E ritornando al discorso dell’imprenditore che ho citato in precedenza, quello è un esempio che mi tocca personalmente, perché quel tipo di conoscenza è così valida che vale la pena condividerla.
E il modo migliore per farlo, secondo me, è attraverso un libro.
Un libro messo a disposizione degli altri, per aiutare le persone a capire come anche loro possono ottenere risultati nella vita.
Per essere persone migliori, ma anche per realizzarsi a livello professionale, nella propria attività quotidiana.
Perché dietro quel percorso di ricerca e di risoluzione quotidiana dei problemi, c’è sempre una sofferenza.
E la sofferenza…
La sofferenza produce valore.
La sofferenza crea cultura.
Crea unicità.
Quel tipo di conoscenza, messa nero su bianco, diventa un volume di parole realmente utili.
Parole che dobbiamo assolutamente far nostre, conoscere, diffondere, per fare quella evoluzione culturale che, con l’intelligenza artificiale, non avremo mai.
Perché?
Perché l’intelligenza artificiale sta appiattendo l’uso delle parole.
Sta rielaborando parole già dette, riproponendole come se fossero nuove, ma in realtà sono solo un minestrone rigirato, senza il valore dell’unicità.
Senza quella forza elastica che — lo abbiamo detto — torna al punto di origine.
E qual è il punto di origine?
L’origine siamo noi.
Quanti manager vediamo che, dopo anni di corse, dopo carriere imprenditoriali frenetiche, ritornano all’origine?
Vanno a vivere in un agriturismo, immersi nella natura.
Quanti segnali ci arrivano ogni giorno che ci riportano al punto di partenza?
Alla nostra essenza più vera?
Prendiamo ad esempio la musica digitale.
Oggi c’è un aumento nell’acquisto dei dischi in vinile.
Cosa significa?
Significa che vogliamo tornare ad ascoltare quella musica “sporca”, quella che graffia, che ha una forma imperfetta, ma vera.
Ecco, tutto questo per dire una cosa sola:
Le parole devono avere un senso compiuto, devono essere in sintonia con la vera natura umana.
Perché noi non esistiamo per il numero di parole che ogni giorno ci imponiamo di dire.
Noi esistiamo per la qualità delle parole che scegliamo.
E per i silenzi che decidiamo di custodire.
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