Ho capito che nella vita è importante condividere le esperienze, non tenerle solo per sé. Io sono sempre stato una persona un po’ solitaria: non sono mai stato uno che ama andare in giro o vantarsi, ma credo che le lezioni che ho imparato possano essere utili sia per gli altri che per me stesso.

Per esempio, ho rivalutato la figura di mio padre. Lo odiavo, perché aveva molti difetti: si ubriacava e giocava a carte. Però, riflettendo, mi sono reso conto che se non fosse stato per lui, con tutti i suoi limiti, non avrei avuto la possibilità di fare la vita che ho fatto. Mi ha portato via dal piccolo paese del Cilento, mi ha trasferito a Roma e mi ha offerto l’opportunità di costruire il mio percorso. Per questo, bisogna dare merito a chi merita.

Scrivendo il mio libro, ho anche capito la grandezza dell’Italia agli occhi degli stranieri. Gli italiani spesso non si rendono conto di quanto il nostro Paese sia ammirato all’estero. L’Italia, di per sé, è un’opera d’arte e meriterebbe di essere custodita e rivalutata da chi ci vive. Per questo mi arrabbio un po’ con gli italiani, perché hanno trascurato questo tesoro.

A livello personale, ho imparato che la vita, come diceva Luciano De Crescenzo, va “allargata”, non solo “allungata”. Non basta cercare di vivere più a lungo, bisogna vivere in modo più ampio, condividendo le proprie esperienze con gli altri.

Ti confesso, Emanuele, che non sono mai stato completamente sereno con me stesso; ho sempre avuto contrasti interiori. Solo adesso che sono vecchio, sento che la mia anima è allineata con la mia età. Spesso la notte pensavo a tutto quello che volevo scrivere la mattina e ci riflettevo sopra. Scrivere questo libro mi ha dato l’opportunità di riflettere su molte cose e le recensioni che ho ricevuto mi hanno fatto riflettere ancora di più.

Credo che scrivere un libro, anche su una vita che può sembrare trascurabile, sia un esercizio importante e arricchente.

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